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martedì, Giugno 6, 2023

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Donne e cucina. Due storie di riscatto

Marzo è il mese per eccellenza dedicato al composito universo “rosa” e non può mancare uno spaccato dedicato al binomio inossidabile  “donna & cucina”. Scrigno di segreti,  sapori e saperi di memorie gastronomiche familiari, la cucina è condivisone e racconto.  Ed anche palestra di vita  di storie di  riscatto e di  rinascita che vi  raccontiamo…

Le cuoche combattenti

Squarciano il silenzio, le etichette parlanti di “Le cuoche combattenti”. “Tu vali e sei libera sempre”, oppure “L’amore non ammette minacce, mai”, c’ è scritto sulle conserve di melenzane, di pesto con le noci o sull’extra di cipolle rosse. Da vittima a protagonista, è un percorso lungo e difficile quello di Nicoletta Cosentino, founder di “Le cuoche combattenti”, che nel 2020, è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “ per il suo suo esempio di reazione e per il contributo offerto nella promozione di una cultura di contrasto alla violenza sulle donne”.  

Era il 2015 quando si rivolge al centro antiviolenza “Le Onde Onlus” a Palermo e “ all’inizio- confessa- non riuscivo a riconoscere gli abusi che vivevo”, perchè la violenza, quella psicologica, la più subdola, non lascia ferite sulle pelle, ma nell’anima corrodendo l’autostima. Nicoletta, con il supporto delle operatrici del Centro,  inizia un percorso di reinserimento lavorativo in un campo, quello della cucina, di cui è sempre stata appassionata. “ Non era il mio lavoro, è vero- racconta – ma per me il cibo è storia, condivisione ed ho recuperato quell’atmosfera di casa che respiravo quando da bambina con mia nonna l’aiutavo tra i fornelli”.  Dall’idea alla realizzazione, nel 2017 nasce il progetto e Nicoletta trasforma  la sua casa in un laboratorio di cucina e di resilienza. Caparbia, studia, impara a redigere un business plan per avere dei contributi per aprire l’impresa  che nasce il 27 settebre 2019. E’ un negozio-laboratorio  a Piazza Generale Cascino, 11 a Palermo ma hanno anche uno shop  virtuale dove acquistare  le conserve, i sughi che le “Cuoche Combattenti” preparano con materie prime provenienti da agricoltura eco-sostenbile. Nicoletta è la prima sì ma non è sola. Con lei altre tre donne che con fierezza stringono un mattarello di cucina con il pugno alzato, in segno di vittoria, il simbolo che le abbraccia tutte.  Lo sforzo maggiore di Nicoletta però è stato quello di riconoscere che da sola non ce l’avrebbe mai fatto ed ha .chiesto aiuto. “Lo stesso- racconta- che oggi molte donne fanno quando si ritrovano in mano un vasetto con le nostre etichette. Iiniziano a raccontarsi e a dare parole al silenzio, perchè sanno- dice Nicoletta- che le posso capire e fare da ponte e provare ad aiutarle. Se lo vogliono”. 

La storia di Lamya e il suo “Mamma Latifa”, un angolo di Marocco a Palermo

Dalla crisi all’opportunità…. “Non avevamo più niente e non potevamo aiutarci l’un l’altro perchè  il lavoro che  mio padre aveva costruito con la sua abilità di artigiano da oltre vent’anni a Palermo, era finito da un giorno all’altro. Non restava che reinventarci” .   Ha lo sguardo fiero, Lamya Atfi, 46 anni, originaria di Casablanca, in Marocco ma da 30 Palermo è casa sua. Nel ’79 è il  padre ad arrivare  nel capoluogo dell’ Isola come artigiano esperto nell’arte della giunteria e,  facendosi strada con la sua maestria, apre una fabbrica che lavora stabilmente per un’azienda specializzata in calzature d’alta moda di Bologna. Fino al 2016, qui vi lavorava tutta la famigla anche la moglie Latifa che lo ha raggiuntocon i loro tre figli dopo aver aver lasciato il suo lavoro in Marocco senza aver maturato il minimo per andare in pensione. Una scelta d’amore. “  Avevamo talmente tanto lavoro- racconta Lamya- che me lo portavo a casa anche quando avevo mia figlia che allattavo”. Poi, l’azienda madre decise di delocalizzare in Romania. “ Era settembre, eravamo appena tornati dalla ferie e senza nessun preavviso ci dissero che non avevano più bisogno di noi- ricorda Lamya- ci crollò il mondo addosso. Dopo aver pagato le signore che lavoravano con noi, ci restava un  gruzzolo che ci avrebbe permesso di tirare avanti finchè non avremmo trovato qualcos’altro”.   Sia  Hicham e Mohamed, i suoi fratelli non sapevano che fare finchè non ebbero un’idea. “ A dire il vero ce la suggerirono i nostri amici che apprezzavano la cucina tradizionale marocchina di mia madre – racconta- e così decidemmo d’investire ciò che c’era rimasto e di aprire un ristorante dove mia madre avrebbe semplicemente cucinato i piatti della cucina tradizionale marocchina”. Dall’idea alla realizzazione, il passo non è stato facile. “Abbiamo ristrutturato la palazzina di sana pianta, non c’erano neanche le fognature, non lo nascondo-dice con pudore- che abbiamo fatto tanti  sacrifici. Ci avevano tolto il sorriso ma noi dovevamo essere tenaci e crederci. D’altronde non avevamo alternative”. E’ il 18 gennaio del 2019 quando apre “Mamma Latifa”, un angolo di Marocco a Palermo, in via Velasquez dove la famiglia Latfi sta scrivendo una nuova pagina della sua storia. Ha il profumo di zenzero e cannella, di tè alla menta che Lamya offre insieme ai fekkas, ai ghoriba, biscotti tipici della sua terra d’origine di sua produzione. Si sente l’odore  dello stufato e il cous cous viene ancora incocciato a mano “ perchè-chiosa Lamya- il cibo definisce noi e le nostre culture”. 

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Articolo di Giusy Messina

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