La cucina siciliana è irrimediabilmente legata alla storia dell’isola ma anche a tradizioni non proprio locali: sono tanti i piatti “di importazione”, ricette che provengono da altre parti del mondo e che sono state adottate dalla Sicilia al punto da, oggi, considerarle di casa.
E così è successo anche con il cous cous, semola di grano duro che lavorata con l’acqua si trasforma in granelli che vengono poi cotti al vapore, per poi essere condita con brodo e parti di pesce. Ad oggi preparato soprattutto nella zona del trapanese, il cous cous trova le sue origini in Africa e più precisamente in Maghreb. Il nome della pietanza ha derivazione fonetica, ricorda infatti il suono dei grossi bracciali che le donne avevano ai polsi, e che rintoccavano con il movimento rotatorio delle mani che colpivano la terracotta.
La nascita del cous cous ha radici antichissime e la ricetta si lega anche ad una curiosa leggenda riguardante il Re Salomone (900 a.C.): si narra infatti che il re ne facesse un uso ampissimo volto ad alleviare le pene d’amore che soffriva a causa della regina di Saba. Ma il cous cous come arriva in Sicilia ai giorni nostri?
La pietanza si diffonde in Italia intorno all’800 proprio grazie ai lavoratori delle zone di Trapani, che recandosi in Tunisia cominciarono così ad importare tradizioni del luogo qui in Sicilia. Così, il cous cous diviene un piatto amatissimo anche qui, non solo per il suo gusto, ma anche per ciò che rappresenta: convivialità ed ambiente familiare. Ai suoi inizi infatti, nei paesi di origine, lo si mangiava soltanto a cena e la tradizione prevedeva che venisse servito in un unico piatto, dal quale tutti avrebbero attinto con le mani.
Con delle innovazioni quindi Trapani ne diventa nuova patria: il cous cous alla trapanese, in dialetto cùscusu, si è anche guadagnato una festa tutta sua, il Cous Cous Fest, che si tiene annualmente a San Vito Lo Capo (TP).
Vediamo insieme le ricette Made in Sicily che propongono alcuni chef di questo affascinante piatto.
CHEF FRANCESCO BONOMO – Il ballo del Gattopardo
A partecipare al Cous Cous Fest di quest’anno anche lo Chef Francesco Bonomo, che dà vita al piatto “Il ballo del Gattopardo”: un mix di sapori che prendono ispirazione dal noto romanzo di Tomasi di Lampedusa. Ed è proprio così che nasce l’idea: Chef Bonomo ha infatti presentato il piatto per la prima volta durante la manifestazione in onore dello scrittore che si tiene a Santa Margherita del Belice.
“Nel Gattopardo si raccontano i sapori delle aragoste, delle spigole, delle uova in fase embrionale, di buffet con frutta e prosciutti, e sono proprio questi gli ingredienti che si fondono all’interno della ricetta” spiega Chef Bonomo. Il suo è un cous cous a base di aragosta e del suo brodo, alla quale viene affiancata una purea di piselli e petali di spigola tagliata alla julienne e marinata. A dare un ulteriore e particolare aroma è l’olio al prosciutto utilizzato, per poi giungere al medaglione di aragosta che viene posto sopra i grani di cous cous, arricchito con un gel al Moscato (vino che a sua volta viene citato nel libro). A completare la ricetta la bottarga di uovo di gallina marinato e dell’uva di mare, alga dalla forma dell’omonimo frutto (il più amato nel Gattopardo); il tutto ultimato poi con uno spruzzo di “profumo” alla cannella e zenzero.
Per chi è rimasto incuriosito da questo piatto elaborato niente paura: potrete assaggiarlo in questo imminente (dal 17 al 24 settembre) Cous Cous Fest, cui prenderà parte lo chef, già campione nel 2019.
CHEF NICOLA BANDI – Cous Cous alla Trapanese
Il cous cous proposto dallo Chef Nicola Bandi è un cous cous alla trapanese tradizionale: la ricetta gli è stata tramandata da sua madre e ancor prima dalla nonna, e ci ha raccontato quali sono le preparazioni dietro questo semplice (ma gustosissimo) piatto.
La semola utilizzata è di grani antichi siciliani, e ne vengono impiegate di due diversi tipi: una tradizionale ed una di grano bidì, grano antichissimo ormai caduto quasi del tutto in disuso. La semola viene quindi incocciata rigorosamente a mano, e poi condita con sale, pepe, prezzemolo, cipolla e varie spezie prima di essere messa a cuocere a vapore nella couscoussiera: anche questa è parte della tradizione, una pentola in terracotta con dei fori alla base; sotto la couscoussiera si trova invece una pentola d’acqua aromatizzata all’alloro, cannella e pesce che, portata ad ebollizione, consente la cottura della semola.
Viene quindi preparata a parte una zuppa con una cottura differente, a base di pesci poveri come la cipolla, lo scorfano o simili: non eccessivamente ricercati ma dal sapore deciso, come la tradizione insegna, ai quali vengono uniti, per rendere il piatto più ghiotto, polpa di dentice o cernia. Infine viene aggiunto un trito di mandorle, ed ancora un topping di fritturina di gambero e calamaro.
CHEF FRANCESCO PIPARO – Cous Cous alla Trapanese
Anche lo Chef Francesco Piparo opta per la ricetta della tradizione: utilizza una semola siciliana, più precisamente di Castelvetrano, e ci racconta delle due fasi di incocciatura che pratica anche lui rigorosamente a mano. La prima incocciatura viene fatta in acqua, così da idratare al meglio la semola ed aggiungere delle prime spezie, che viene poi messa ad asciugare. Viene quindi la seconda fase, quella dell’incocciatura con olio di oliva, estratto di pomodoro, verdure ed ortaggi tritati.
Durante la cottura del cous cous nella couscoussiera vengono quindi preparati separatamente il brodo, anche questo di pesce povero (tracine, gallinelle, scorfani), ed un fondo ricavato da un brodo di ortaggi misti a seconda della stagione: possono essere funghi shitake, così da dare un tocco fusion, o ancora zucca e simili.
La semola a questo punto è quasi pronta: la si lascia riposare coperta da un telo in lino o in juta così da farla gonfiare ulteriormente.
In ultimo si impiatta aggiungendo semola, il brodo filtrato ed il pesce scottato.
Come aggiunte anche in questo caso si opta per le mandorle tostate e per del pesto di pomodoro a crudo.
In alcuni periodi dell’anno si prepara anche il cosiddetto rinforzo, pesce fritto condito con limone, opzione che si avvicina maggiormente alla variante del cous cous marsalese.
di Giulia Fici