giovedì | 24 Ottobre | 2024
MARCO PETROLITO
MARCO PETROLITO
A contraddistinguermi è la passione per la musica e l'arte. Ma amo anche viaggiare ed il buon cibo. E vivo di sport. Giornalista da quasi 20 anni per provare a raccontare e a trasmettere, con la scrittura, le emozioni legate al mio mondo.

ultimi articoli

“U lamientu”, a Canicattini Bagni uno dei più antichi riti di Pasqua: la storia dei “nuri”

Canicattini Bagni si prepara all'antichissimo rito de "U lamientu": i “nuri” in strada per la processione del Cristo Santissimo

MARCO PETROLITO
MARCO PETROLITO
A contraddistinguermi è la passione per la musica e l'arte. Ma amo anche viaggiare ed il buon cibo. E vivo di sport. Giornalista da quasi 20 anni per provare a raccontare e a trasmettere, con la scrittura, le emozioni legate al mio mondo.

Tra i riti più toccanti della Pasqua che ancora oggi sopravvivono in Sicilia c’è quello che ricorre il venerdì Santo a Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa. È legato alla processione del “Santissimu Cristu”, che vede una statua di Gesù flagellato risalente al 1600 accompagnata da una gran folla di fedeli per le strade cittadine e fino a tarda sera. Il tutto in un commovente e religioso silenzio “rotto” solamente dal canto dei devoti, detti “nuri”, e conosciuto come “lamientu”. 

Il venerdì Santo a Canicattini Bagni: la processione in religioso silenzio e le “virginieddi”

Durante la funzione del venerdì sera nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Canicattini Bagni, alla pronuncia delle parole “Ecce Homo”, viene svelato il simulacro del “Santissimu Cristu“, accolto da un grido unanime dei “Nuri“. Poi questo viene collocato sulla tradizionale “vara” di legno in stile gotico. Inizia quindi la processione (che dura oltre 5 ore attraversando le strade del paese) con in testa uno stendardo nero, seguono i fedeli, le autorità civili, la banda ed un’immensa folla di persone in religioso silenzio.

Al “lamientu” si alterna una cantilena detta “U cantu re Virginieddi” (il canto delle vergini), eseguito da ragazze del luogo vestite di bianco. Di tanto in tanto il corteo viene interrotto dallo sparo di mortaretti: è la “maschiata“, che avviene per una serie di “prummisioni” (promesse o devozione) al Cristo.

U “lamientu”: il senso del tormento di Maria e la “triste” festa

In considerazione della sua unicità, è proprio il “lamientu” la tradizione più forte e sentita di Canicattini Bagni. Le  origini del canto dialettale intonato dai devoti, una sorta di “pianto non sono precise: si tratta, comunque, di un canto medievale che sopravvive in una forma simile solo a Trapani. Nessun dubbio, invece, sulla passione ed il coinvolgimento con cui la comunità locale lo vive nel contesto della processione, attesa per giorni.

Il venerdì Santo è infatti diventato sempre più una tradizione radicata e viene vissuta dai canicattinesi come una grande “festa triste”. Il canto che la caratterizza, è stato nuovamente valorizzato ed oggi viene tramandato “a voce” anche ai più piccoli. Una tradizione sopravvissuta dopo un periodo in cui, negli scorsi decenni, anche il numero di “nuri” era calato. Gli anziani e coloro che lo “spiegano” alle nuove generazioni, visto che in alcune sue parti risulta particolarmente complicato da comprendere, raccontano dell’estrema crudeltà della vicenda narrata, definendo il “lamientu” un vero e proprio grido di sofferenza.

Il canto rappresenta, difatti, la tormentata storia della Madre Addolorata, che in una via trova un fabbro intento a preparare una lancia e dei chiodi. Immaginando a che cosa e soprattutto per chi fossero serviti tali arnesi, la Madonna implora il fabbro a desistere. Ma l’artigiano le risponde, sempre in dialetto stretto, che qualora non lo avesse fatto a finire sulla croce sarebbe stato proprio lui. Allora è così che Maria, urlando, comincia a cercare il figlio, ed alla fine lo trova talmente sfigurato in volto, tanto da riconoscerlo a stento. Poi, nella parte finale, la più dolorosa, è Gesù che invita la madre ad andar via dopo avergli dato la benedizione: a difenderlo, le dice testualmente, sarà la sua croce

I “nuri”: le origini, la devozione e gli abiti tradizionali usati dopo il 1911

In quella che senza dubbio rappresenta una delle celebrazioni pasquali più antiche della Sicilia, originariamente i devoti accoglievano il Cristo stando letteralmente nudi (da ciò derivano appunto i nuri”). Fino al 1911, per voto o grazia ricevuta, gli uomini canicattinesi prendevano parte al rito flagellati, con una corona di vere spine sulla testa e con i piedi legati, al punto che, cadendo, s’infilzavano.

Il “nuru” raffigura, oggi come allora, il Cristo deriso e beffeggiato nel pretorio di Pilato. Ma gli attuali devoti sono ormai completamente “vestiti” e portano pantaloni, camicia e calze bianchi. Sulle spalle hanno una mantella rossa dove sono cucite delle croci color oro. Altri indossano un particolare scialle di lana-seta rosso cupo, con decorazioni orientaleggianti che le donne, fino alla fine dell’800, usavano per i matrimoni. Portano al collo una corda intrecciata detta “u pasturuni” e si coprono il capo con un fazzoletto annodato a “trinciettu” (legato dietro la nuca) sul quale viene posto u circu (corona) intrecciato con verghe della pianta selvatica “mitavira”. Ciascuno di essi tiene in mano una cannuccia, simbolo dello scettro regale, alla cui estremità è inserita un’immagine del Cristo con un nastro rosso legato a fiocco.

canicattini bagni nuri - Be Sicily Mag

Il sacrificio di Cristo come messaggio di pace

Venerata sin dalle origini anche dagli abitanti dei paesi vicini, che arrivavano a Canicattini Bagni per accoglierla nell’uscita del venerdì sera (a sira ro Santissimu Cristu) riconoscendole il compimento di una lunga serie di miracoli, la statua del Cristo e la sua processione rappresentano ancora oggi un forte messaggio di solidarietà e di pace.

A ribadirlo è anche il sindaco Paolo Amenta. “È una processione molto sentita, questa, che con i suoi canti e le sue tradizioni rappresenta alla perfezione il sacrificio di chi, ancora oggi, continua a morire nelle guerre. Purtroppo, infatti, nonostante tutto ciò che l’umanità ha vissuto, la sofferenza dei popoli sembra non finire ed il Cristo in croce rappresenta la speranza di una pace che tutti ci auspichiamo possa un giorno regnare”.

E questo bel messaggio di pace lanciato dalle celebrazioni ricche di patos del centro collinare del siracusano diventa ancora più forte, ma dai toni decisamente più vivaci, la domenica di Pasqua, con la “Paci paci”, che celebra la risurrezione di Cristo nell’incontro, davanti alle principali chiese e nelle piazze cittadine, di Gesù risorto e Maria, tra il volo dei colombi bianchi ed un’atmosfera di festa scandita dagli applausi e dalla gioia dei fedeli

Condividi questo articolo sui tuoi social...
-- Pubblicità --

ULTIMI ARTICOLI

consigliato da be

non perderti

RIMANIAMOIN CONTATTO

Ricevi tutte le news di Be Sicily Mag

Subscription Form (#3)

spot_img