In una crociera a vela tra le isole Eolie, bordeggiare lentamente verso la sua sagoma che emerge ripida sul mare è uno dei momenti più intensi tra le brevi navigazioni in mezzo all’arcipelago vulcanico.

Ancora di più se ciò avviene di notte, quando, nel silenzio rotto solo dallo sciabordìo delle onde sullo scafo, si cerca un buon punto d’ormeggio sotto le sue sciare laviche. In questo caso il fascino spettrale dello ‘Scoglio’, come Alicudi viene chiamata dai suoi neanche 70 abitanti stabili, è d’impatto. La sua sagoma conica, inquietante e ipnotica, è il punto prospettico più vicino a chi guarda le Eolie da occidente. In quella posizione così appartata, che fa pensare a una foto di sorelle in cui lei è la più timida e sfuggente, l’antica Ericusa, ovvero ‘ricca d’erica’ per i Greci, battezzata Alì-kur, (Fortezza di Alì) dagli Arabi, sembra davvero pronta a sparire quando la foschia estiva si addensa; e, con la stessa magia, anche a ricomparire sul blu cobalto come un misterioso oggetto extraterrestre.
Uno spettacolo annunciato anche dall’aliscafo, quando, ridotto il rombo delle turbine, il battello poggia la sua chiglia sull’acqua e si prepara all’attracco più delicato dell’arcipelago. E che rievoca l’impressione che ne ebbe Alexandre Dumas quando, sbarcandovi nel 1835, definì Alicudi “un angolo della terra dimenticato al momento della creazione, rimasto al tempo del caos”.

Vulcano silente fuoriuscito dal Tirreno si ipotizza 90mila anni fa, Alicudi suscita domande su come si riesca a vivere in questo microcosmo di lave preistoriche che offre soltanto ‘verticalità’: dal basso verso l’alto e viceversa. Eppure lo ‘Scoglio’ è abitato sin dall’età neolitica. Da allora, la condizione che pone agli umani è l’adattamento: a cominciare dal continuo saliscendi a piedi, oppure a dorso di mulo o di asino lungo la sua unica vera arteria di collegamento: una scalinata con 1.625 gradoni, che, una volta approdati, annuncia già dal porto pulsazioni alte e tutti i muscoli del corpo in trazione.
Mentre si sale di quota, le soste aumentano: non solo per rifiatare, ma anche per ammirare panorami che diventano via via più strepitosi. La serpentina di pietra scura, fiancheggiata dalla vegetazione mediterranea, sfiora la chiesa ottocentesca di San Bartolo, a 340 metri di altitudine e continua a snodarsi fino alle Montagnole, sommità dell’isola a poco meno di 700 metri.
Sul vicino Pianoro, l’antico cratere, dove le viti di Malvasia furono molto produttive fino alla prima metà del Novecento, i rapaci volteggiano sopra felci e specie botaniche rare. Tra queste il ‘ranuncolo delle rupi’ o la endemica ‘violaciocca di Brullo’.
A catturare l’attenzione sono poi le abitazioni: i tipici ‘cubi’ delle Isole Eolie, con le loro canalette scavate sui tetti per raccogliere l’acqua piovana nelle cisterne. Un sistema ancora molto usato visto che l’acquedotto di Alicudi non arriva a distribuire l’acqua fornita periodicamente dalla nave-botte fino alle case delle contrade più alte. Come quella di Pianicello, dove una comunità di tedeschi vive in splendido e autarchico isolamento.
Osservate dal mare, così minuscole, le case, concentrate sul versante sud-occidentale, sembrano comporre un merletto bianco cucito ad arte. Ma sono anche tanti altri sentieri, che formano una ragnatela quasi invisibile a occhio nudo e che conducono verso le cosiddette ‘lenze’, gli altrettanto compressi terrazzamenti vulcanici sostenuti da muretti a secco. Spazi ricavati nei secoli dai contadini per coltivarvi soprattutto l’orzo e la segale, servendosi di un aratro trainato da un solo animale. Unica località pianeggiante dell’isola in riva al mare, quella di Bazzina. È raggiungibile solo in barca o a piedi partendo dalla Chiesa del Carmine, lungo un sentiero a strapiombo sul mare. E’ in questa contrada di fronte all’unica spiaggia dell’isola che si trova la casa di Christof Bosch, patron della grande industria elettrodomestica tedesca.
Già dal molo, costruito nel 1990, Alicudi cede subito la scena alla silhouette della ‘sorella’ Filicudi, distante 12 miglia: come se non volesse esporre il suo corredo fatto di cose essenziali, in perfetto equilibrio con la natura. Sopra il porto, si individuano due botteghe per i generi di prima necessità, altrettanti ristoranti e un piccolo albergo. Poi, nient’altro.
Sull’isola del resto la corrente elettrica non c’era fino a quando negli anni 90 le case vennero collegate sottotraccia a una piccola centrale completamente insonorizzata e ben mimetizzata: eccezionale ingresso della tecnologia in uno degli ambienti più incontaminati d’Italia, avvenuto peraltro senza deturpare il paesaggio (sull’isola non esistono pali della luce) e compromettere il silenzio che vi regna sovrano.
Mare da vivere soprattutto in barca quello di Alicudi. Pur non essendo caratterizzata da grotte marine, l’isola offre scogliere e anfratti affascinanti da bordeggiare in gommone. Soprattutto per gli appassionati dell’apnea uno dei punti più belli è lo scoglio Galera, tra i luoghi geologicamente più remoti di tutte le Eolie. Si tratta infatti di un ‘dicco’ vulcanico, un corpo roccioso di magma solidificato che da uno dei costoni occidentale dell’isola si tuffa in mare dando vita a uno stupendo scenario sommerso.
Alicudi viene spesso considerata come un luogo in cui approdare solo per una breve gita. Ma è invece un piccolo universo da esplorare lentamente, in più giorni. Vale in particolare per la gastronomia locale. “Qui chi cucina ha imparato a ingegnarsi come in tantissimi aspetti della vita su un’isola così piccola – spiega Alessandra Dal Zotto, architetto d’origine veneta ma ormai naturalizzata eoliana nonché chef specializzata in cucina vegetale e titolare de Il Giardino dei Carrubbi, minuscolo agriturismo situato alla Tonna, suggestivo borghetto circolare di case, a cui si accede dal gradino 365 della scalinata che conduce in cima all’isola. – Si può dire che qui alle Eolie gli isolani hanno inventato l’home restaurant già mezzo secolo fa. E I’accoglienza in casa con abbondanti assaggi di cibo genuino è un emblema di Alicudi, dove ogni cosa a Alicudi si conquista col sudore e la fatica”. “Gli isolani – aggiunge – sono bravissimi a tirar fuori il massimo gusto da pochissimi ingredienti: a cominciare dal cappero e le tante piante aromatiche e legumi che si trovano lungo queste alture, utilizzandoli per insaporire carne e pesce”. Quindi pasta con bucce di fave, specialità soprattutto primaverile, piatti a base di patelle e ‘muccuni’ di mare. E di crostacei, come le aragoste e i prodotti della lavorazione di tante parti del tonno, bottarga inclusa.
Giù al porto, Silvio, uno dei pochi pescatori rimasti a Alicudi, riesce a trasformare la murena, considerato pesce di scarto, in pietanze strepitose. C’è poi la signora Lea, cuoca provetta, che si è inventata la frittura delle cime della pianta del finocchietto; e la signora Adriana, maestra nella preparazione delle cime di cappero sott’olio. Inoltre – specifica Dal Zotto – Alicudi è l’isola dei funghi. Quelli di ferla, da ottobre ai mesi invernali, si trovano in grande abbondanza e sono squisiti”.
Alicudi rappresenta un particolarissimo avamposto culturale. Al gradino 356, in una bella casa eoliana circondata dal verde, si trova una delle scuole più piccole del mondo, fino a qualche anno fa frequentata da due-tre allievi della primaria. Se al momento non c’è nessuno scolaro iscritto (la tendenza delle locali famiglie con bambini è di trascorrere l’inverno, che su quest’isola è duro, a Lipari o sulla terraferma) dà comunque sede a una biblioteca con quasi 7mila volumi. È il lascito di Franco Scaglia, direttore di Rai Cinema, habitué di Alicudi, scomparso 8 anni fa. A curarla, insieme all’attrice Masha Musy, moglie di Scaglia, la ex maestra ‘storica’ della scuola, Teresa Perre, milanese trasferitasi stabilmente a Alicudi nel 1995 per insegnare a generazioni di ragazzini: “molti hanno lasciato questa sorta di Itaca per un altrove in cui intraprendere anche carriere brillanti e tornarvi per le ferie; ma altri di andarsene non ne hanno voluto proprio sapere”, racconta. Sempre nei locali della scuola Perre ha animato per anni un piccolo museo della memoria, creato con un esiguo fondo regionale: uno scrigno di documenti rari, soprattutto fotografici, dello ‘Scoglio’.
Proprio nei locali della scuola ‘arcudara’, il 18 luglio ci sarà la presentazione del podcast Pane e Fantasmi, di Amedeo Berta: un avvincente lavoro radiofonico che fa chiarezza sulla storia, intrisa di leggenda, delle allucinazioni tra gli abitanti dell’isola. Un fenomeno che, secondo i racconti degli stessi ‘arcudari’ sarebbe stato legato al consumo del pane nero prodotto sull’isola in periodi di carestia con la segale ‘cornuta’, ossia la segale infestata dall’ergot, un fungo parassita nel quale è presente un alcaloide dal forte potere psichedelico: l’acido lisergico, meglio conosciuto come LSD. Una leggenda di fantasmi, streghe, trasformazioni di uomini in animali, andata avanti per decenni e nella quale alcuni anziani locali credono ancora. Perché ad Alicudi, come in tante altre isole nei mari del mondo, la vita del luogo, le caratteristiche delle persone, si ibridano con le leggende. Mischiando sogni e realtà davanti al mare e sotto la volta stellata: la vera combinazione stupefacente di Alicudi.
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di Antonio Schembri