Un luogo dove gli oggetti profumano di cultura, dove il tempo sembra essersi fermato per regalare ai visitatori un viaggio nel passato e riscoprire così le proprie radici. È stato inaugurato a maggio a Catania il Museo delle collezioni di arti decorative e applicate, un piccolo gioiello della Fondazione Kalòs – Antichi mestieri d’Arte, attiva dal 2021. A crearla è stato Renato D’Amico, insieme alla moglie Anna e al figlio Giovanni Andrea, che oggi apre le porte della struttura di via Conte Ruggero ai visitatori su prenotazione.
Professore universitario con un grande amore per il collezionismo, è proprio Renato D’Amico a guidare Be Sicily Mag nel caleidoscopico mondo della mostra tra strumenti musicali, servizi di rosolio, dischi, cartoline, antichi giocattoli, sveglie e orologi meccanici. Tutti oggetti testimoni di quella che era la vita in Sicilia e in particolar modo a Catania tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Renato D’Amico racconta il Museo delle collezioni di arti decorative e applicate
“La Fondazione Kalòs – Antichi mestieri d’Arte è nata con lo scopo di dare il giusto valore alle arti minori, quelle arti decorative e applicate dove eccellevano i nostri maestri artigiani. Questi reperti della cultura materiale e immateriale costituiscono la nostra identità, oltre a mostrarci le abilità eccezionali dei nostri progenitori”, ha spiegato Renato D’Amico. “Io ho realizzato tutto questo perché vorrei provare a riannodare il filo che si è spezzato tra noi e il nostro patrimonio culturale e il bene comune”.

Non tutti sanno, ad esempio, che tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo Catania era riconosciuta a livello internazionale come il principale polo produttivo d’Italia per la fabbricazione di strumenti musicali a corda. “In città – svela – a quel tempo operavano circa 130 fabbriche di Liuteria. Si producevano soprattutto mandolini e chitarre. Nelle teche di vetro trovano posto alcuni strumenti rari da me acquistati e restaurati. Oggetti questi che mostrano preziose decorazioni in madreperla e tartaruga. Vere e proprie opere d’arte”.
Da una stanza a un’altra, sempre all’insegna della musica, si passa alla storia del disco. È qui che si può osservare l’organetto di Barberia, dal nome del suo inventore, l’italiano Giovanni Barbieri, una piccola scatola in legno dove una manovella fa girare un disco metallico forato, producendo un’originale melodia. E ancora i primi “dischi grammofonici”, diretti antenati dell’odierno disco in vinile.

Gli oggetti della quotidianità
All’interno del Museo delle collezioni di arti decorative e applicate ci sono anche gli oggetti della quotidianità di un tempo, come raffinati servizi di rosolio in stile liberty e vittoriano. Qui la trasparenza del vetro mette in risalto decorazioni minimaliste con smalti colorati. “Il rosolio era la carta d’identità della Sicilia del 1900”, racconta Renato D’Amico. “Il liquore dal basso grado alcolico, preparato con alcol zucchero e acqua e aggiunta di specifica essenza o scorze di agrumi, faceva parte della tradizione locale. Tutti, anche le famiglie più umili, possedevano un servizio di rosolio perché era la testimonianza della convivialità, dello stare insieme”.

Del patrimonio della Fondazione anche una collezione di cartoline tutte esclusivamente dedicate all’universo femminile. “A me non interessa l’oggetto in sé – ci dice D’Amico – ma quello che ci sta dietro. Come le persone vivevano questi oggetti. Una passione che porto avanti da quando avevo 12 anni e che ancora continua”.

Al piano superiore ci sono infine altri due spazi museali. Da una parte, sveglie e orologi meccanici da appoggio o da parete di diversi stili, dall’altra una esposizione dedicata alla scuola e ai giocattoli. “Bambole di cartone e macchinine in latta raccontano i sogni dei bambini dell’epoca. Al centro la funzione formativa del gioco ma anche ciò che si utilizzava ai quei tempi negli ambienti scolastici. Tutti questi manufatti danno ai visitatori la possibilità di riscoprire le proprie radici. Perché, come dico spesso, un albero che non ha radici profonde nel terreno al primo battito d’ali di farfalla crolla giù e quindi noi abbiamo il dovere di salvare e custodire queste radici”, conclude Renato D’Amico.